E’ interesse nazionale sostenere l’auto
Di
Carlo Pelanda (8-12-2008)
Tra i settori
più sotto pressione a causa della recessione c’è quello dell’auto. E’ stato
colpito, globalmente, da tre crisi contemporanee: aumento dei prezzi dei
carburanti dal 2005 all’agosto del 2008; da settembre, calo a picco delle
vendite per pessimismo da recessione; riduzione del finanziamento agli aqcuisti
per la crisi bancaria. I produttori americani sono sull’orlo del fallimento,
giapponesi ed europei tengono, ma con crescenti difficoltà. L’amministratore
delegato del Gruppo Fiat, Marchionne, ha previsto un futuro nero: solo sei
produttori al mondo potranno sopravvivere, ciascuno con la capacità di vendere
almeno cinque milioni e mezzo di auto all’anno. Potrà Fiat essere tra questi?
Vista la natura portante in Italia dell’industria automobilistica, in
particolare l’indotto, tale domanda è di estremo rilievo e va messa in prima
pagina.
Probabilmente
vi saranno aggregazioni o fusioni transcontinentali in quanto per raggiungere la
soglia di sopravvivenza indicata da Marchionne un gruppo aziendale dovrà essere
capace di vendere mezzi di mobilità sul piano globale. Tale strategia è già
stata avviata dai produttori francesi che si sono aggregati con giapponesi e
stanno cercando intese con americani. La Fiat sta facendo lo stesso, colloqui in corso con
i tedeschi di Mercedes e Bmw, con i secondi più approfonditi, collaborazioni
industriali già in atto con un gruppo francese. Se la Fiat diventasse parte
acquisita in una fusione, o secondaria in un’alleanza, potrebbe ridurre le
capacità produttive residenti in Italia e la domanda di componenti da fabbriche
italiane. Se l’azienda capogruppo o leader, infatti, sarà tedesca o francese
dubito che rinuncerà a privilegiare, anche per pressioni politiche locali, la
capacità produttiva nazionale, cioè i propri operai. Da un lato sarebbe sciocco
cercare di influenzare la strategia della Fiat che è un’azienda quotata
obbligata a fare le scelte migliori per remunerare i propri azionisti.
Dall’altro non possiamo accettare, per interesse nazionale, una contrazione e
forse sparizione del settore produttivo automobilistico in Italia, anche
considerando quanta parte del Pil regionale di Piemonte, Lombardia, Veneto ed
Emilia, viene direttamente o indirettamente dal settore auto. La soluzione di
interesse nazionale è quella di creare un ambiente di mercato in Italia che
favorisca la capacità della Fiat di essere integratore e capogruppo di altri e
non parte integrata o secondarizzata. Come si può fare? Certamente rendere più
incentivante la mobilità individuale in Italia, riducendone costi fiscali ed
assicurativi, darebbe all’azienda con la maggiore quota del mercato nazionale
un vantaggio competitivo. E grande sollievo a noi automobilisti sul piano dei
costi. Un programma “auto italiana” di fondi pubblici per la ricerca
pre-competitiva sulle auto di nuova generazione aiuterebbe moltissimo.
Programmi regionali per la qualificazione delle fabbriche di componenti,
atelier di disegno e carrozzerie speciali, ecc., che riforniscono tutte le
aziende del mondo, aiuterebbe la competitività complessiva del settore auto
italiano. Incentivi allo sport automobilistico con gare che spingano la ricerca
di soluzioni futurizzanti, creerebbe un ambiente di competenza poi utile alle
applicazioni industriali. Non tocca a me disegnare una strategia, ma è
responsabilità della stampa segnalare alla politica che in questa crisi e dopo
non possiamo perderci il settore automobilistico. Inoltre, nella crisi c’è l’opportunità
di rendere l’Italia capitale globale del settore.
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